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Da melabit a melabit: Jekyll e l'hosting

Sabino Maggi Sabino Maggi Segui 18-Mar-2025 · 12 minuti di lettura
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Fonte: Scott Rodgerson su Unsplash.

Come promesso (o minacciato?) nell’ultimo articolo, quest’ultimo post è dedicato ad esplorare le opzioni disponibili per l’hosting di un sito web basato su Jekyll (o su qualsiasi altro generatore di siti statici) destinato ad ospitare il nostro blog personale (come quello che state leggendo), oppure il sito web di uno studio professionale o di una piccola azienda.

Tutto sommato potrei cavarmela in due righe, invitandovi a rileggere quello che avevo scritto 6-7 anni fa (qui e qui) ma sono passati tanti anni e una bella rinfrescata è d’obbligo.


Per chi volesse leggere le altre puntate dedicate alla mia transizione da Wordpress a Jekyll, ecco la lista completa degli articoli pubblicati:


Premessa

Non sono uno sviluppatore professionista, non so molto di sviluppo web e mi considero solo un dilettante per quanto riguarda la gestione di server e di reti.

Le considerazioni riportate qui sotto, quindi, sono solo delle riflessioni personali frutto di anni di esperienza e di sperimentazione nella gestione di sistemi di calcolo più o meno complessi e di servizi web ancora attivi o ormai defunti (più di uno, purtroppo). Mi auguro che le righe che seguono possano essere utili a chi sta valutando delle soluzioni simili, ma chi cerca delle soluzioni professionali deve rivolgersi a chi ne sa di più.

Perché non conviene usare un Mac

Come accennavo la volta scorsa, trovo poco sensato usare un Mac per ospitare un server web destinato a un sito basato su Jekyll (o, più in generale, per qualsiasi sito web, sia esso statico o dinamico).

La ragione è semplice: per gestire un sito con traffico moderato, un Mac è una soluzione eccessiva, un vero spreco di risorse (gli anglosassoni direbbero che è overkill, un termine che trovo particolarmente azzeccato).1

Discorso diverso per la fase di sviluppo (io stesso ho usato un Mac per quella): avere a disposizione un sistema UNIX con una interfaccia grafica ben curata, degli editor potenti ma facili da usare, degli strumenti che semplificano la scrittura del codice e la ricerca degli errori sono vantaggi che non hanno prezzo.

E se ho un vecchio Mac che non uso più? Perché non destinarlo a gestire il mio sito?

Un vecchio Mac è ancora perfetto per scrivere, gestire la posta elettronica, navigare sul web, fare videoconferenze, comporre musica, imparare a programmare e molto altro. Ancora meglio se gli installiamo una versione recente di macOS con Open Core Legacy Patcher.

Ma usare un vecchio computer come server, da tenere acceso tutto il giorno, tutti i giorni? Non so, io non lo farei, non mi sembra una scelta affidabile. E comunque, anche volendo provarci, si ricadrebbe nel discorso più generale della prossima sezione.

Perché non conviene fare da sé

Al posto del Mac potremmo voler usare un PC, magari uno di quei gioiellini un po’ datati simili al Mac Mini che si trovano a poco più di 100 euro e che possono ancora dire la loro, come il Lenovo M95q o l’HP 800 G3. Oppure un Raspberry Pi 5 che, purtroppo, non è più conveniente come una volta, almeno se vogliamo usarlo come un semplice computer.

Come dicevo anni fa, una volta installatoci su Linux, questi minicomputer diventano perfetti “per imparare a gestire un server web e il sistema Linux associato oppure per fare delle prove con diversi CMS o generatori di siti statici prima di scegliere quello che vogliamo usare per il nostro sito”.

Non c’è nemmeno bisogno di collegarli ad una tastiera e ad un monitor, perché si può fare davvero tutto dal Terminale tramite collegamento ssh o, per chi preferisce la classica interfaccia grafica, accedendo al sistema con Chrome Remote Desktop o con uno dei tanti servizi di accesso remoto che ormai conosciamo tutti molto bene.

Ma possiamo usare questi minicomputer per gestire un sito “vero”, che deve essere attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7?

Secondo me no.

Un sito web richiede la disponibilità di un indirizzo IP fisso pubblico e solo Fastweb lo offre gratuitamente, ma a certe condizioni. Gli altri provider non sanno nemmeno cosa sia, oppure bisogna sottoscrivere dei contratti specifici, che naturalmente sono più costosi dei normali contratti “home” e “business”.

Lo so, ci sono i servizi di DNS dinamico. Ma gli anni ‘90 sono passati da un pezzo, e oggi non affiderei mai i miei servizi web ad un servizio ballerino, con tempi imprevedibili di aggiornamento dell’IP. Tanto più che, se si vuole un minimo di affidabilità, si deve scucire qualcosa. E a quel punto, ne vale la pena?

Un altro problema sono le interruzioni improvvise di connessione a internet o di elettricità, magari a causa di lavori per strada, oppure perché il collega di studio o il partner ha deciso di accendere contemporaneamente tutti i condizionatori, o di usare lavatrice, forno e phon insieme.

Certo, esistono gli UPS, ma se siamo fuori ufficio o casa, dopo un po’ anche l’UPS si scarica e il nostro server si spegne.

E infine, non dimentichiamolo mai, c’è la questione della sicurezza, gli attacchi inevitabili e continui dei tanti sfaccendati che non hanno di meglio da fare nella vita. A meno di non essere già degli esperti in tema di sicurezza, siamo davvero disposti ad impelagarci in prima persona in cose che vanno ben al di là delle nostre competenze?

Cosa conviene fare da sé

Volendo fare da sé, l’opzione migliore è senza dubbio usare una macchina virtuale su uno degli innumerevoli servizi cloud, da UpCloud a Digital Ocean, oppure Heroku o Linode (ora Akamai Cloud), senza dimenticare naturalmente i grossi player come Amazon AWS e Google Cloud (ok, fra questi ci sarebbe anche Microsoft Azure). Se in questo momento non vi fidate a comprare americano, qui c’è una lista di provider cloud europei.

Una macchina virtuale sul cloud costa poco e non ha nessuno dei difetti elencati finora, a parte la questione della sicurezza, che però è gestita almeno in parte dallo stesso fornitore del servizio.

Ancora più sicuro, e pure a costo zero, è usare servizi come GitHub Pages che, ogni volta che si aggiorna un repository collegato basato su Jekyll, rigenera il sito e lo e pubblica automaticamente su github.io. La documentazione relativa è molto dettagliata, per cui è inutile che io aggiunga altro.

Cosa ho fatto io

Io sono un utente come tanti, e la soluzione che ho adottato può essere un buon esempio di come gestire in modo efficiente e relativamente economico (cosa che non guasta mai) l’hosting di un sito web, senza compromessi sulla qualità del servizio.

Questo sito è ospitato su Shock Hosting, un servizio di hosting che uso da anni e con un servizio di supporto eccezionale. In realtà in tanti anni ho avuto pochissimi problemi e sempre banali, ad esempio per una fattura pagata per sbaglio due volte, ma ogni volta la risposta del supporto non poteva essere più veloce.

Il piano base “Low Shock” da 2.99 dollari al mese offre spazio su disco e trasferimento di dati illimitati, e non impone limitazioni artificiose di velocità (tutte cosa che pochi concorrenti offrono). Questo piano è più che sufficiente per un sito statico, ma anche per un sito basato su Wordpress o altri CMS (o dico per esperienza diretta). I piani superiori sono identici a quello base, ma permettono di ospitare più domini, e passare da un piano all’altro richiede solo l’apertura di un ticket e una breve attesa.

Anche il nome del dominio è gestito da Shock Hosting e costa 12 dollari all’anno (un dollaro al mese), che è il costo normale di un dominio .com.

Naturalmente, Shock Hosting è solo uno degli infiniti servizi di hosting disponibili, anche se, per quanto riguarda il rapporto qualità/prezzo, mi sembra difficile trovare di meglio. In ogni caso, prima di scegliere vi consiglio di stare molto attenti alle condizioni di uso, perché la maggior parte dei provider pone dei limiti più o meno stringenti allo spazio su disco o alla quantità di dati trasferiti. Oppure alcuni offrono prezzi molto convenienti per il primo anno o i primi mesi, ma poi li aumentano in modo consistente. Se, prima di impegnarvi, riuscite anche a verificare come funziona il supporto è un bel vantaggio.

Altrimenti preferite un servizio che vi permette di pagare ogni mese o ogni trimestre, in modo da avere la possibilità di testare con calma il servizio e di verificare se risponde alle vostre esigenze. In seguito, potrete sempre decidere di pagare ad intervalli più lunghi.

Evitate invece come la peste i servizi che offrono sconti enormi se vi impegnate per due, tre o più anni, o per… l’eternità. Su internet non c’è niente di eterno, anzi sono proprio i servizi eterni quelli che muoiono più rapidamente. E se dovesse sucecdere avrete perso tutto quello che avete anticipato, altro che risparmio!

Il solo servizio di hosting non è sufficiente per melabit.com, perché non permette di eseguire comma per gestire i commenti. La cosa più semplice da fare sarebbe stata passare ad usare un server virtuale, sempre su Shock Hosting, ma non mi piacciono le cose semplici. E poi il servizio di hosting offre dei vantaggi che non volevo perdere: si occupa della gestione del server web e della sicurezza del sito, esegue i backup, rinnova il certificato SSL, fornisce statistiche e molto altro. Tutte cose che valgono molto di più dei pochi euro al mese richiesti.

Proprio mentre pensavo a cosa fare, mi è capitato sotto gli occhi questo post, e ho deciso di assaggiare la cucina tedesca, acquistando un server virtuale da Hetzner. Per far girare comma è più che sufficiente l’offerta base CX22, che con meno di 5 euro al mese mi offre una macchina equivalente a quella base di Shock Hosting, che però costa il doppio. E la potenza della macchina virtuale è tale che posso tranquillamente generare il sito su questa macchina virtuale, trasferendo poi il risultato su Shock Hosting con rsync.

Quando ho scelto Hetzner, la guerra commerciale in atto fra USA ed Europa era solo nelle menti degli dei, ma con il senno di poi è stata una decisione azzeccata. Se un giorno perdessi l’accesso al mio servizio di hosting statunitense, oppure se il costo diventasse proibitivo per un europeo, ci metterei molto poco a trasferire tutto in lidi più sicuri. E ciao ciao USA.

Facciamo due conti

Ho scritto che secondo me non vale la pena fare da sé, usando un Mac o un PC per gestire il proprio sito. Ma dal punto di vista economico, potrebbe valerne la pena?

Cominciamo calcolando quanto spendo al mese per melabit.com. Per l’hosting se ne vanno 3 euro, per il server virtuale 5 euro. Totale 8 euro al mese, che in un anno fanno 96 euro. A questo andrebbe aggiunto il costo del dominio, ma quello va pagato in ogni caso, quindi lo lascio fuori.

Mettiamo ora che io sia testardo e voglia usare a tutti i costi un mini PC o un Raspberry Pi per gestire il mio sito. Diciamo che per il computer nudo e crudo se ne vanno 100-120 euro, a cui va aggiunto un disco SSD decente e una quantità di RAM adeguata, che fanno almeno altri 60-100 euro (per il Raspberry Pi la RAM è quella è non può essere cambiata, ma al suo posto dobbiamo prevedere di acquistare case, alimentatore, dissipatore praticamente obbligatorio e scheda per disco SSD NVMe, che fanno almeno 100 euro in tutto).2 Poi ci vuole un UPS, e sono altri 100 euro.

Il totale fa circa 300 euro (più o meno 30-40 euro), praticamente lo stesso di quello che spendo io in tre anni. Ma non è affatto detto che il mini PC o, peggio, il Raspberry Pi riesca a reggere tre anni di uso ininterrotto, per cui magari oggi si rompe la ventola, domani l’alimentatore, il disco comincia a fare le bizze, le batterie dell’UPS si esauriscono. Insomma, anche economicamente non è che convenga più di tanto.

Meglio, molto meglio il cloud.

  1. In teoria, si potrebbe dedicare un intero Mac ad un sito che riceve un numero molto elevato di visite. Ma in questo caso servono soluzioni professionali, non è possibile fare da sé. 

  2. Ma riuscire a rimanere vicino al limite inferiore di 160 euro mi pare davvero difficile. 

Sabino Maggi
Pubblicato da Sabino Maggi Segui
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